venerdì 8 novembre 2013

Today’s mood

by Massimo Enzo Grandi

 

Autopostale

 

Anche stamattina ci alziamo in silenzio. Abbiamo smesso di parlarci già da qualche settimana. Da qualche settimana non ci diciamo più “Ti amo”. Bevi il tuo caffé con calma, il tuo sguardo ancora assonnato a tratti si incontra con il mio ma lo distogli poco dopo con un lieve sbuffo che potrebbe sembrare un sospiro.

Alla fermata dell’autopostale le due persone in attesa mantengono le distanze e si direbbe che facciano di tutto per non guardarci, mi sento come fossimo degli appestati. La strada scende dalla valle con i suoi tornanti e le sue strettoie tra i villaggi. Qualche settimana fa proprio in questo punto ricordo benissimo come le mi lacrime scendevano a inzuppare la sciarpa di cashmere che mi ha regalato mia madre l’anno scorso per Natale. Tu mi guardavi ma non capivi, non te ne rendevi conto. Quel giorno il tragitto sembrò interminabile ed i miei occhi guardavano senza più vedere nulla se non tanto dolore.

Siamo alla tua fermata, vorrei tanto tu proseguissi con me fino alla stazione, che mi tenessi per mano, che mi dicessi ancora “ti amo” e che ti metta a fare progetti sul nostro matrimonio… Invece ti alzi senza dire nulla, proprio come qualche settimana fa e mentre scendi dall’autopostale ti giri a guardarmi, gli occhi tristi e stanchi… sembra vuoi dirmi qualcosa ma invece taci e scendi. Rimani in piedi a guardare il mezzo giallo allontanarsi con me sopra. Mi sembra di vedere un piccolo cenno della tua mano, sembrerebbe un saluto ma forse il tuo orgoglio ti impedisce di lasciarmelo notare.

Ecco. Sono alla stazione. Scendendo mi accorgo che sono l’unico ad avere il maglione, la giacca pesante e la sciarpa di cashmer al collo. Quella che mi ha regalato mamma per il Natale scorso. Beh, io vengo dalla montagna e fa più freddo. Ma anche qui fa freddo e mi fa strano vedere tutta quella gente con i vestiti leggeri.

Il mio TILO per Lugano parte alle 8:12, ma da qualche settimana non so perché prendo quello che va verso Chiasso delle 8:07. La prima volta sembravano tutti preoccupati per me. Chi strillava, chi mi fissava pallido in volto e allibito e qualcuno addirittura ha vomitato. Da quel giorno in poi però non l’hanno più fatto, anche se la loro espressione è sempre smarrita e tutti mantengono una certa distanza, come fossi appestato. Il treno riparte ma io sono sempre lì al freddo… anche se non fa freddo perché sono tutti vestiti leggeri. La sciarpa di cashmere al collo, il maglioncino e la giacca pesante… ma ho sempre freddo.

È sera e andiamo a letto nel più assoluto silenzio. Ti sento trattenere il respiro per un attimo e poi, singhiozzando, ti volti verso di me. Mi guardi diritto negli occhi e mi dici ancora “Ti amo” stringendomi forte. Ci addormentiamo abbracciati come sempre.

Ci alziamo in silenzio. Abbiamo smesso di parlarci già da qualche settimana, ma la sera a letto trattieni il respiro e singhiozzando ti volti verso di me a dirmi “Ti amo” e mi abbracci. In quel momento mi sembra di non sentire più il freddo ma non riesco a togliere la sciarpa di lana, o il maglioncino o la giacca pesante…

mercoledì 13 febbraio 2013

Caro papà

Caro papà,
ti sto osservando in questo momento mentre stringi soddisfatto anche quegli ultimi soldi che purtroppo ti spettano per legge, quei soldi che ti stanno facendo luccicare gli occhi per la tua ingordigia, quei soldi che io e il mio amore abbiamo duramente sudato con il sogno di poter continuare a vivere insieme per molto e molto tempo ancora.

Dapprima ti arrabbierai per queste parole, poi mi auguro che finalmente quella sordida luce nei tuoi occhi si trasformi in lacrime rendendoti conto che sono vere e che malgrado la tua età hai avuto la fortuna/sfortuna che nessuno te le abbia mai dette prima.

Sono io che ti sto parlando con il cuore aperto, e qui ti voglio dire tutte le cose che avrei voluto dirti ma che non ho mai avuto il coraggio. Sono quelle cose che mi hanno pesato e che spesso mi hanno fatto vergognare di te, quelle cose di cui se ne parla solitamente solo con il fratello, con la madre, con il proprio amore e forse anche con qualche amico intimo…

Sono quel figlio che non hai quasi mai conosciuto perché eri troppo indaffarato con il tuo lavoro ed i tuoi viaggi; sono quel figlio che hai strappato al suo amato paese natio con il resto della famiglia per trasferirti dove volevi tu (… ma non volevano gli altri…).

Quel figlio che vive ora nel cuore delle persone che ha amato e che sta da tempo aspettando che tu gli mostri dov’è il tuo, perché non lo ha ancora trovato…

Sono colui che ripetutamente ha cercato di raccontarti le sue cose personali che però non hai mai voluto ascoltare perché troppo occupato a raccontare le tue.

Sono quel figlio che non apprezzava le tue visite perché infastidito da come curiosavi in giro (ti mancava solo di aprire anche gli armadi ed i cassetti) e dal fatto che portavi anche il cane ben sapendo che non volessi animali in casa.

Sono quel figlio che ha perso il rispetto di te soprattutto quando mamma, in diverse occasioni, mi raccontò del modo in cui l’ai trattata, delle cose che hai preteso da lei, quelle cose orribili che non ho mai raccontato a nessuno ma che ogni volta mi facevano riaffiorare una forte rabbia e un odio cieco nei tuoi confronti facendomi piangere per ciò che le hai fatto e che continui a farle.

Di sicuro non lo sai, ma una delle ultime volte che l’hai umiliata le proposi addirittura di venire ad abitare con noi e mandarti a quel paese… ma lei non ha voluto perché troppo impaurita dalla tua reazione…

Sono quel figlio che dopo un pranzo a casa tua, pochi giorni dopo la mia terza operazione di cancro, ha dovuto arrestare l’auto quasi in mezzo la strada e con gli occhi pieni di lacrime ha battuto ripetutamente i pugni sul volante e sul cruscotto perché non gli hai neppure chiesto come era andata l’operazione e neppure come si sentisse… “Quel porco… quel porco… vedi com’è quel porco di mio padre…” singhiozzavo rivolto al mio amore…

Sono ancora io quello a cui hai chiesto il 10% di interesse per un prestito di due settimane… di soldi che non erano neppure tuoi…

Sono anche quello che sotto effetto della morfina cercava inutilmente di realizzare quello che i medici gli avevano appena detto, che ora so perfettamente mi avevano detto che non c’era più nulla da fare, mentre tu stavi sfidando mamma con gli ascensori dell’ospedale per fare a gara a chi arrivasse prima… sono anche colui al quale hai organizzato il funerale (quello meno caro si intende..) tre giorni prima che morissi.

Sono sempre io che, non visto, ti guardavo sorpreso mentre, pochi giorni dopo il mio funerale, inaspettatamente dicevi al mio amore che avresti rinunciato all’eredità in suo favore… e sono ancora io che alcune settimane dopo ti avrebbe strozzato mentre ti appropriavi dei soldi dai vari conti e cominciavi a fare pressioni per vendere la casa ed intascarti anche quelli.

Sono quel figlio il cui corpo incenerito è da qualche parte a casa tua perché costa troppo il posto al cimitero… non è che pretenda una inutile tomba ma mi dà fastidio che per te sia solo il fatto di “non dover pagare” e non per affetto, mi dà fastidio essere lì dove non amavo essere…

Caro papà, ora li hai avuti i soldi della casa, spendili come ti pare… un nuovo camper? Un altro viaggio in America? Anche se sei l’ultima persona a cui li avrei lasciati fanne pure quello che vuoi, ma non azzardarti più a mostrarti agli occhi del mio amore, occhi che ora sono anche i miei, e non colpire più il suo cuore perché colpisci e colpiresti anche il mio.

Il mio amore ti ha sempre difeso e continuava a ripetermi di non parlare così male di te… che eri mio padre e che forse certe situazioni erano per colpa mia… Il tuo comportamento però nei suoi (nostri) confronti ha dovuto farlo ricredersi ed anche lui ha dovuto purtroppo “toccare con mano” il tuo spregevole modo di essere…

Dio è misericordioso. Come ha perdonato me per i miei peccati perdonerà anche i tuoi e ne sono felice… almeno però cerca di non essere orgoglioso delle porcate che hai fatto…

Salutami mamma e dille che mi spiace molto non essere più lì a rispondere alle sue chiamate quando la tratti male… ma forse non ne ha più bisogno… o si?

Tuo figlio X

P.S. sbrigati a mostrarmi il tuo cuore perché è da anni che desidero sentire il calore di un padre…

Lettere scritte e non, dal passato, dal presente e dal futuro

Caro X,

Ci siamo amati tanto, forse anche troppo; per questo ora sto cosi male senza di te. Le persone che hanno preso il tuo posto avrebbero senz’altro preferito me ne fossi andato io e stanno facendo di tutto per portarti via da me, smembrando tutte quelle cose che mi aiutano a sentirti ancora vicino e presente, oltraggiandomi con le loro subdole accuse e pretese.

Lo so, sono sempre stato io il primo che ti diceva di non prendertela con i loro comportamenti, che in fondo erano i tuoi genitori e che se un giorno ti fossero mancati avresti sofferto. Per me però è diverso, non sono i miei genitori e non posso tollerare i loro comportamenti irrispettosi e, a volte, quasi brutali. Per tuo rispetto però non voglio intraprendere nulla nei loro confronti… e intanto ne approfittano per farmi sempre più male.

Non posso dimenticare quando, nei brevi momenti di risveglio nel letto d’ospedale, sollevavi le braccia interrompendo le loro stupide discussioni esclamando irritato “Mensch! Cosa fate qui?! Andatevene a casa”… loro ti sorridevano fingendo di non capire, e io intanto credevo che tu fossi ingiusto e troppo duro con loro.

Purtroppo ho dovuto ricredermi! Probabilmente non te ne eri reso conto, ma mentre tu soffrivi e lottavi per la tua vita, tuo padre ti aveva già organizzato il funerale… quello meno costoso naturalmente; quando poi ha avuto in mano la documentazione della tua eredità ha pure pensato bene di impossessarsi dei tuoi conti a risparmio cercando di “elargirmi” con “magnanima generosità” l’ipoteca della nostra casa e tutti i costi ad essa legata, pretendendo comunque da me il suo 50% di diritto di proprietà, e questo malgrado proprio pochi giorni dopo la tua dipartita mi aveva solennemente detto di voler rinunciare all’eredità in mio favore. Quando cercai di spiegargli la situazione ebbe pure a rispondermi freddamente: “ Ma X è morto”.

Per me non lo sei, e continuerai ad essere qui con me anche se si sono permessi di far modificare la mia registrazione telefonica e far cancellare il tuo nome dall’elenco. Non gli ho neppure permesso di venire in casa nostra con dei “sacchi di rifiuti” per sbarazzarsi dei tuoi indumenti… le tue camicie che sono ancora li, appese ad aspettarti; quei pantaloni che indossavi quando ti ho accompagnato all’ospedale sono elegantemente piegati sul servo muto, esattamente come li tenevi tu, anche i calzini che non hanno fatto in tempo ad assorbire il tuo profumo sono piegati e deposti nelle tue scarpe come li avevi messi in quel freddo armadietto.

No, non sono impazzito, sono semplicemente felice di averti incontrato, conosciuto, amato… ma sono anche arrabbiato perché mi hai lasciato indietro da solo; non sei qui a darmi ragione, a dire a tutti che non sono io quello che racconta bugie o a darmi forza nei momenti di sconforto per le ingiustizie che devo subire.

… probabilmente ora sei tu, che da dove stai osservando mi sussurri: “ma lascia stare, non prendertela… sono pur sempre i “nostri” genitori…”

Buon Natale, amore…

Sul palco

(autore ignoto)

Sul lato destro del palco un'abitazione a due piani, il secondo piano è un'appartamento aperto dove vive l'oratore scrittore; un tavolo in legno con una macchina da scrivere posizionato in centro e ben visibile, contro la parete sinistra che da sul palco un letto.

- l'oratore è seduto davanti al tavolo, di profilo rispetto alla platea, stà tipando qualcosa in maniera apparentemente tranquilla. Il testo ( che seguirà e sarà chiamato testo 1 ) non dovrà essere molto lungo, circa 60 secondi e l'idea era di farlo raccontare dalla macchina da scrivere, ma Burroughs ha già usato le macchine da scrivere animate nel "pasto nudo".

- variante 1, lo scrittore, sempre seduto, si accorge che la macchina da scrivere continua a tipare anche senza le sue dita. Sconcertato rimane seduto per qualche secondo per poi alzarsi quasi spaventato più per quello che ne esce dalla macchina che per il fatto stesso.

- un'altra possibilità é quella di posizionare il tavolo, la sedia e lo scrittore nel mezzo del palco; leggermente rialzato sopra una pedana e spostato verso il fondo per mantenere dello spazio sul palco davanti alla platea.

- l'uomo si muove su se stesso, con degli spostamenti brevi, quasi a scatto. La macchina lo segue ruotando su se stessa e sobbalzando da un lato all'altro, continuando, con tono sempre più forte, a fare il suo monologo.

Il monologo diventa cantato sempre in toni gravi, ma tutto sommato l'idea non mi piace più di quel tanto, ma continua a martellarmi in testa come un chiodo fisso e non so più cosa farci.

Probabilmente dovrò ancora studiarci sopra ma francamente non ci trovo niente di originale in questa storia, o per meglio dire; in questo inizio di storia.

Io adoro questi luminosi grappoli di verde luce, fatemeli toccare e fatemi assistere alla vita che esplode; vi prego! Non nascondetevi a me, voi conoscete il mito. Adesso, dovete conoscere l'altra vostra metà. Io! e guardatemi, sono io la bestia che avete bruciato e dannato per tutti questi secoli...e in questo oceano di tempo infinito mi sono perso mille e mille volte. Voi, che vi nascondete dietro le vostre mura, mura che crollano sotto il peso del tempo, tutto il tempo che ho combattuto per centinaia di guerre contro un nemico forte nell'ignoranza e nella paura. Venite a me, venite a vedere il superstite della razza degli inferi, il mostro privato della luce del cielo. Che vi aspettavate, l'eternità ho passato nel budello del mondo costruendo il mio solitario impero di leggende, nutrendomi della mia vendetta. Guardate come scava nelle profonde ferite il sale dell'odio; venite fuori voi, e portate i colori del sole e dell'acqua cosi che possa guarire i miei occhi, ed il profumo dei miei boschi antichi da cui fui scacciato per ordine della vostra idolatria, e dov'è questo vostro idolo dello spazio e del tempo. Dove sono le croci infuocate che insanguinavano i cieli notturni carichi di sacrifici innocenti; e sono io; la bestia dannata, nemica di ogni civiltà, il mostro da distruggere pregando il vostro Iddio per ottenere il suo ringraziamento e la vostra salvezza. Mi avete incoronato sovrano delle vostre necropoli sepellite sotto le sante fortezze incrostate dai tradimenti dei vostri guardiani di dei onnipotenti ed invisibili; e già! il mio grande invincibile nemico non é che un riflesso della pozza d'acqua putrida che nascondete sotto il letto.

In un prato candido ed innocente come una pubblicità della kinder un gruppo di cellini sono intenti a ridere ed a scherzare; sempre in maniera candida ed innocente quasi fino alla nausea. Il dolce canto dei bravi ragazzi lindi e cellini infastidisce il diavolo che spunta improvvisamente tossendo e sboffochiando dal sottosuolo, i ragazzi sono impietriti mentre il diavolo si stiracchia.

comincia un monologo il diavolo, interrogando i ragazzi su quello e questo e dandosi praticamente le risposte da solo, visto che i cellini rimangono ancora impietriti più che sconvolti dall'improvvisa apparizione. Il diavolo si zittisce e guarda i ragazzi:

- Beh! Avete perso la favella? Potevate perderla anche prima; accidenti che lagna ragazzi.

sabato 26 gennaio 2013

Totò e Anna Magnani

In un fuori onda ripreso dalle telecamere. Anna ride divertita in un modo leggermente pudico per aver asserito che facendo all’amore con Totò lei starebbe sopra…
“E no, cara mia – risponde severo Totò – Se lei dovesse star sopra non sarebbe in grado di scoprire, vedere, apprezzare e sentire la mia bellezza, che è principalmente una bellezza interiore. Anche se io comunque la bellezza l’avrei sopra e intorno a me lei si perderebbe il piacere di scoprire quanto io sappia essere bello.”
Poi Totò si rivolge al cameraman: “Si può dire? Non si può dire! Si può dire? Non si può dire! E io lo dico lo stesso!”